L’anoressia è stata molto subdola con me…è entrata nella mia mente senza che nessuno le aprisse la porta,in punta di piedi senza reclamare la sua presenza,senza farsi notare. Ha invaso i mie pensieri, appiattito le mie emozioni, mi ha svuotato senza avvisarmi che avrei sentito dolore, ha stravolto la mia vita senza il mio consenso. Mi sono trovata lì…diversa…con il chiodo fisso del cibo, delle calorie, della bilancia…mi ha portato ad amare “malatamente” le mie ossa, a provare piacere nel sentirmi un buco nello stomaco, a sentirmi potente perché avevo il pieno controllo sul mio corpo facendomi pensare di poter così controllare tutta la mia vita…mi ha reso dipendente da altri che si prendevano cura di me…altri che mi dicevano di uscire ogni tanto, di mangiare, di lavarmi…altri che mi dicevano di parlare con qualcuno che mi potesse aiutare, di fidarmi di quelle persone, di ascoltare i loro consigli.
Gli altri mi hanno detto che era meglio ritirarmi da scuola perché dovevo occuparmi di me stessa…lì per la prima volta ho capito che non ero perfetta, non ero infallibile…ero manchevole, ero umana. L’anoressia è stata sleale perché mi ha tolto molto ma lentamente, poco alla volta e così fa ancora più male. È stata astuta perché ha fatto in modo che io non potessi essere senza di lei.
Non l’ho scelta, non avevo nemmeno il desiderio di dimagrire…a 16 anni non sapevo che significasse la parola anoressia, forse aveva a che fare con il vomito ed io avevo paura ad infilarmi due dita in bocca e vomitare, non era quello che facevo..quindi no non sono malata, no non ho bisogno d’aiuto. Non sono malata e non ho bisogno d’aiuto mi ripetevo e ripetevo alle persone che intorno a me cercavano di convincermi del contrario…per me malattia era dolore fisico, era involontaria, poteva essere una gamba rotta o un tumore..quindi medicine, ospedali, e tutti intorno a te che ti compativano e sostenevano e ti abbracciavano perché la tua sofferenza era evidente, oggettiva e oggettivata…e poi le persone che stanno male non possono essere lasciate sole…questo per me era un dogma, una frase che non poteva essere scomposta, ovvietà.
Mi sono dovuta ricredere.
Non ho fatto nulla, stavo fisicamente bene, tutto andava bene ..voti alti, tanti amici..si forse qualcosa non andava, non lo so cosa…poiché non sapevo di cosa si trattasse l’ho ignorato, diciamo che mi sono ignorata…come se questo fosse possibile.
Confusione, tanta confusione, tristezza, ansia, panico, rabbia, disperazione…sola contro tutti all’inizio…contro chi non credeva al fatto che stavo bene, contro chi non mi ascoltava…contro chi non lasciava che mi facessi del male, sola contro me stessa, sola e basta. In seguito dopo qualche anno di terapia, è arrivata la consapevolezza…insieme ad un conto salato…c’è un prezzo da pagare per tutte le volte che hai abusato,maltrattato, dimenticato e odiato il tuo corpo. Qui ho toccato il fondo.
Paura, tanta paura, dolore, lacrime, apatia, depressione, odio, odio profondo, vuoto, freddo, noia… Ho desiderato a lungo barattare la mia malattia con una gamba rotta,un braccio spezzato o qualcosa del genere… Almeno era oggettiva, non dipendeva da me, gli altri avrebbero capito e sarebbero stati al mio fianco, c’era una possibilità di guarigione, possibilità di star bene..cosa che non vedevo nella mia situazione. Il fatto che dipendesse da me, che ero stata io a rovinarmi la vita, mi rendeva colpevole…la consapevolezza che una parte di me stava cercando di distruggermi…mi uccideva, mi rendeva ancora più immobile e spaventata. Mi sentivo tremendamente in colpa,una colpa dalla quale nessuno poteva assolvermi. Dovevo perdonarmi, concedermi una tregua e ascoltarmi davvero… e sembra semplice detta così.
Non è stata una passeggiata uscirne fuori, non è stato facile ritrovarmi in mezzo a tutto quel casino…letteralmente mi ero rotta in milioni di pezzi ed era successo nel momento meno opportuno, ovvero a 16 anni, quando ancora stai cercando di capire chi sei. Così ho preso i cocci più grandi,li ho scelti a caso, messi insieme e ho iniziato a camminare…senza rendermene conto in quel momento ho scelto che volevo lottare, che volevo la vita. Camminavo in salita,e io non sono una grande atleta, tra gli ostacoli, cadendo di tanto in tanto in qualche buca, alcune erano profonde altre solo avvallamenti ma non mi alzavo scattante all’istante, non ci riuscivo..a volte preferivo rimanere lì in quel buco, tra le foglie…non si stava bene ma mi sentivo protetta, al riparo.
Con i miei tempi, poi, mi rimettevo in piedi, un po’ ammaccata e con qualche ferita, e continuavo a camminare lentamente…nel buio. Non vedevo la cima, non vedevo il punto di arrivo e più che camminare direi che barcollavo come ubriaca, cercando di fare ciò che potevo, non il meglio, ma ciò che potevo…afferrando di tanto in tanto quella mano tesa che era sempre lì per guidarmi ed indicarmi la strada.
E adesso…e adesso vivo la vita…posso dire di star bene, sto bene come tutti e sto male come tutti gli altri…e sto ancora camminando…con il mio ipod nelle orecchie, lo zaino pieno di libri e sogni…e ogni tanto mi fermo e mi godo quello che ho…e quello che ho è tanto. Ho forza e coraggio, ho pazienza…ho la mia fragilità, le mie debolezze, le paure,la mia sensibilità,le mie insicurezze, la mia ironia, la mia stupidità a volte e la mia acutezza altre, ho i miei sogni troppo grandi e lontani e i miei obiettivi vicini…so che questo è il mio tempo prezioso e questo è il mio sole, l’ho conquistato e voluto, so chi sono e mi piace quando sorrido. Spero che ciò mi basti sempre.
E non so dove sarei se non avessi accettato l’aiuto di un équipe medica specializzata in DCA, non so dove sarei se non avessi avuto la mia famiglia che comunque e nonostante tutto è stata al mio fianco in questi ultimi 6 lunghi anni, amandomi incondizionatamente.
Questa è a grandi linee la mia storia…è un po’ un’ accozzaglia di pensieri e metafore, poco lineare e logica ma in fondo, la vita è così. È una storia tra le tante nulla più, è una storia che non tutti comprenderanno perché a tratti è confusa, colma di ripetizioni e piena di parole non dette. Spero però che possa arrivare a coloro che avvertono che qualcosa non va, spero diano ascolto al loro sentire.. perchè ogni piccolo dolore è legittimo. Mi auguro che possano trovare il coraggio di parlarne, di affidarsi e confidarsi, di farsi aiutare…e anche se all’inizio ci saranno grandi silenzi e parole confuse, quella è la strada migliore che potessero scegliere.
Ginevra