Terapia
APPROCCIO INTERDISCIPLINARE

UN PERCORSO DI CURA PERSONALIZZATO
La Gestione Multidisciplinare del Disturbo Alimentare
La Gestione Multidisciplinare del Disturbo Alimentare
La terapia ambulatoriale con un team multidisciplinare rappresenta il trattamento d’elezione per la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare.
L’importanza di considerare gli aspetti BIOLOGICI, PSICOLOGICI e SOCIALI di ogni particolare condizione rende necessario l’intervento integrato di diversi professionisti: medico nutrizionista, psichiatra, psicologo-psicoterapeuta e dietista.
L’intervento del singolo professionista infatti non può essere la risposta adeguata per la cura di questi disturbi: le numerose competenze richieste, afferenti a diverse specializzazioni, infatti, non possono essere concentrate in un solo terapeuta.
L’équipe multidisciplinare e multiprofessionale collabora e lavora nella stessa struttura per avere il modo di confrontarsi ogni qualvolta sia necessario sull’andamento della terapia e sull’eventuale ridefinizione del progetto.
L’équipe dovrebbe essere guidata da un team-leader che abbia le competenze necessarie per coordinare le varie figure professionali. Ad ogni paziente inoltre è affiancato un case-manager che nel rispetto della valutazione diagnostica, lo indirizza nei percorsi terapeutici concordati con l’intera equipe e valuta periodicamente i risultati del trattamento.
Un progetto condiviso di trattamento è un elemento imprescindibile per il buon esito della terapia.
Per la cura proponiamo un percorso che investe le aree
- Relative al cibo e all’alimentazione;
- Relative agli atteggiamenti verso il peso e alle forme del corpo;
- Relative all’umore e al comportamento in generale.
- Interazioni familiari e sociali
Il concetto del tempo è il punto focale della terapia: è inteso come rispetto reciproco che l’equipe e il paziente dedicano al percorso, ma anche come tempo adeguato da dedicarsi e da dedicare al percorso di cura indispensabile per completare un processo di cambiamento fisco e mentale.
Modello Biopsicosociale
nella cura del Disturbo Alimentare
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un distorto rapporto con il cibo e con il peso, che ha come conseguenza un ampio ventaglio di condizioni psicologiche, fisiche e sociali disfunzionali.
Nonostante questi disturbi abbiano a che fare con il cibo e corpo, non sempre si rendono evidenti con un peso eccessivamente alto o basso, ma comprendono tutti gli intermedi di peso e di disagio tra gli estremi di anoressia e obesità.
Anche dietro ad un corpo apparentemente sano può nascondersi un circolo vizioso di abitudini dannose e gravi: non si deve pensare di prendere in considerazione il disagio solo quando questo si rende evidente agli occhi dei più.
I DCA quindi, pur coinvolgendo il trinomio cibo-peso-corpo, non riguardano l’apparenza o l’alimentazione, ma sono sintomi di una sofferenza più profonda.
Cibo e corpo diventano gli strumenti per far fronte a questa sofferenza. Inizialmente la persona ha l’illusione di poter gestire la situazione ma ben presto è il disturbo alimentare a prendere il controllo delle azioni e dei pensieri che diventano ossessivi e totalizzanti.
La persona finisce per identificarsi con la propria malattia.
Il modello biopsicosociale (Engel, 1977) è una strategia di approccio alla persona di centrale importanza nella cura di diversi disturbi, tra cui anche i DCA. Questo modello pone la persona al centro di un ampio sistema influenzato da molteplici variabili, di cui i professionisti devono preoccuparsi ed occuparsi. L’attenzione quindi deve essere rivolta a tre macrocategorie:
– Aspetti medici, funzionali e organici (BIO)
– Aspetti psicologici (PSICO)
– Aspetti sociali e familiari (SOCIALE)
Tutti questi aspetti, insieme, sono coinvolti nello sviluppo, nell’evoluzione e nel mantenimento della malattia.
L’approccio biopsicosociale prevede l’utilizzo di metodi scientifici e strumenti standardizzati che siano trasversali alle diverse professioni, in modo da facilitare il lavoro integrato all’interno dell’équipe.
L’importanza di considerare gli aspetti BIOLOGICI, PSICOLOGICI e SOCIALI di ogni particolare condizione rende necessario l’intervento integrato di diversi professionisti: medici, psicoterapeuti e dietisti.
L’intervento del singolo professionista infatti non può essere la risposta adeguata per la cura di questi disturbi, le numerose competenze richieste, afferenti a diverse specializzazioni, non possono essere concentrate in un solo terapeuta.
L’équipe multidisciplinare e multiprofessionale collabora e lavora nella stessa struttura per avere il modo di confrontarsi ogni qualvolta sia necessario sull’andamento della terapia e sull’eventuale ridefinizione del progetto.
Terapia Ambulatoriale Multidisciplinare
Terapia Ambulatoriale Multidisciplinare
nella cura del Disturbo Alimentare
Secondo le Linee Guida del Ministero (2013), “il luogo ideale per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è il contesto ambulatoriale. Il trattamento ambulatoriale, infatti, non interrompe la vita del paziente, come accade con il day-hospital e il ricovero, e i cambiamenti effettuati tendono a persistere perché conseguiti dal paziente nel suo ambiente abituale di vita”.
L’approccio multidimensionale, interdisciplinare, pluriprofessionale integrato, che coinvolge diversi professionisti esperti (come, medico psichiatra, psicologo-psicoterapeuta, medico nutrizionista, dietista) è l’approccio di elezione nella cura dei disturbi del comportamento alimentare.
E’ auspicabile che l’intera equipe riceva una formazione comune sul modello di trattamento praticato, al fine di avere con il paziente un approccio coerente e non contradditorio. Inoltre, è fondamentale che i terapeuti, pur mantenendo i loro ruoli professionali specifici, condividano la stessa filosofia e utilizzino un linguaggio comune con i pazienti.
Valutazione del rischio
che rende inappropriato il trattamento ambulatoriale
Esistono delle condizioni che, determinando un rischio fisico moderato, rendono inappropriato il trattamento ambulatoriale. Riportiamo di seguito le Tabelle del Quaderno del Ministero della Salute (2013) per la “Appropriatezza strutturale e operativa nella gestione dei disturbi dell’alimentazione”.
Qualora il paziente non rispondesse al livello ambulatoriale, l’indicazione di procedere con un trattamento riabilitativo o ospedaliero deve tenere conto anche della valutazione delle condizioni cliniche (rischio fisico), del rischio psichiatrico e delle difficoltà psicosociali.
In questo caso, gli specialisti dell’area medico-nutrizionale sono deputati alla valutazione del rischio fisico, tenendo conto che esistono condizioni e caratteristiche cliniche associate al disturbo dell’alimentazione che rendono inappropriato il trattamento ambulatoriale.
Con riferimento alle LINEE GUIDA elaborate dalla regione Veneto, alcuni parametri di cui tenere conto sono:
- Peso corporeo molto basso
Non esiste un livello di peso minimo preciso per determinare con certezza la presenza di rischio fisico che controindica l’esecuzione di un trattamento ambulatoriale. Come linea guida generale si suggerisce di considerare l’opzione del ricovero nei pazienti con BMI inferiore a 15 kg/m2 se non si verifica in tempi brevi una tendenza al recupero ponderale.
- Rapida perdita di peso corporeo
Ad esempio un perdita di > 1 kg la settimana per almeno 6 settimane
- Elevata frequenza di vomito autoindotto
Ad esempio 2 o più episodi al giorno nell’ultimo mese
- Elevata frequenza di uso improprio di lassativi e/o diuretici
Ad esempio 2 o più episodi al giorno di assunzione a dosi modeste oppure uso meno frequente a dosi molto elevate
- Elevata frequenza di esercizio fisico eccessivo e compulsivo in una condizione di sottopeso
Ad esempio 5 o più episodi la settimana di durata superiore all’ora nell’ultimo mese
- Sintomi e segni che indicano instabilità medica
Ad esempio episodi lipotimici; episodi di disorientamento o confusione o perdita di memoria; spasmi muscolari anomali; brevità del respiro; edema a caviglie, arti o viso; astenia estrema; difficoltà a salire le scale o ad alzarsi dalla sedia senza usare le braccia; sangue nel vomito; anomalie del ritmo cardiaco; frequenza cardiaca < 40 battiti al minuto; ipotermia severa.